La causa
Con ricorso presentato dinanzi al competente TAR, gli avv. Basile e Santucci impugnavano il provvedimento di esclusione da una procedura di gara disposto dalla Stazione Appaltante nei confronti di un Consorzio Stabile per aver indicato quale impresa cooptata sprovvista dei requisiti di capacità tecnica e professionale richiesti dalla lex specialis nonché in quanto tale possibilità sarebbe stata riconosciuta per legge soltanto ai RTI e ai consorzi ordinari.
Nell’accogliere integralmente le tesi sostenute dai difensori e nell’annullare il provvedimento oggetto di gravame, il TAR ha statuito che l’istituto della cooptazione consente al concorrente, in via eccezionale e derogatoria, di indicare come esecutrice dei lavori, nel limite del 20 per cento dell’importo complessivo dell’affidamento, un’impresa priva dei requisiti di qualificazione prescritti dalla lex specialis ma in possesso di una qualificazione corrispondente, se non alla categoria, all’importo dei lavori ad essa riservati.
L’impresa cooptata – ha osservato il Giudice Amministrativo – non è quindi tenuta a dimostrare il possesso degli specifici requisiti di qualificazione richiesti dal bando o dalla lettera di invito (che devono essere invece posseduti dall’impresa o dalle imprese concorrenti), purché qualificata in altra o altre categorie per un ammontare complessivo almeno pari alla propria quota di lavori.
Il TAR ha definito la questione giuridica di assoluta novità aggiungendo che l’argomentazione addotta dall’Amministrazione circa la necessità della dimostrazione del possesso degli specifici requisiti previsti dall’art. 28 dell’allegato II.12 al d.lgs. n. 36/2023 ai fini dell’esecuzione di lavori di importo pari inferiore a euro 150.000, è totalmente da smentire, risultando a tal fine sufficiente l’attestazione SOA già posseduta dalla cooptata.